Oggi per lo stesso motivo monitoriamo con attenzione l'evoluzione dei social network, interveniamo affinché le nuove tecnologie possano essere uno strumento sicuro per tutti, specialmente per i minori. Privacy e neurodiritti è un tema che può spaventare. Ma in realtà è un campo dove si incontrano etica, discipline giuridiche, nuove tecnologie e le frontiere più avanzate della scienza. Oggi assistiamo con la rivoluzione del digitale e soprattutto dell'intelligenza artificiale ad un passaggio epocale, un passaggio in cui il superamento prometeico del limite finisce con il rovesciare nel suo inverso il mito antropocentrico dell'uomo dominatore della tecnica considerata l'estensione del suo stesso io. Il richiamo più immediato è quello di Frankenstein di Mary Shelley, dove la creatura frutto degli esperimenti dell'uomo si ritorce contro se stesso. Non tutto ciò che è tecnicamente possibile è infatti anche giuridicamente lecito ed eticamente ammissibile. In altre parole, le tecnologie che permettono di decodificare gli interessi personali non sempre possono essere sviluppate e sfruttate liberamente, occorre cautela. Il rischio, insomma, non è solo l'hackeraggio per dir così del cervello, la prospettiva di una tale riduzionismo biologico da attarrire comunque, chiunque quanto prima ancora la legittimità e l'ammissibilità etica di un intervento eteronomo sul processo cognitivo. Dunque, alcune tecnologie predittive per l'interesse del consumatore o utente oggi sfruttate a scopo di marketing dai social network dovrebbero essere in realtà utilizzabili solamente in ambito clinico per questo, secondo il garante, servirebbe uno Statuto ad hoc.