Emilie aveva 17 anni. Viveva a Lille e all’istituto Notre Dame de la Paix era la prima della classe. In quella scuola lei affrontava il suo inferno quotidiano, vittima dei compagni, del bullismo. Emilie aveva provato a togliersi la vita lo scorso dicembre. È morta un mese dopo, il 22 gennaio. Il suo dramma, i sui tormenti, il suo dolore sono tutti in un diario, quello che i genitori hanno trovato nel computer di Emilie e hanno deciso di far pubblicare prima sul quotidiano locale, La Voix du Nord, e poi su Libération. Tutto nero su bianco per mostrare e dimostrare il male che può fare il bullismo a scuola. “Mi sento addosso gli sguardi degli altri”, scriveva Emilie. “Vedo i loro sorrisetti quando mi fissano. Ho sentito qualcuno chiamarmi ‘barbona’”. Ridevano di lei i suoi compagni. Commenti continui in classe, frecciatine. Emilie non vedeva l’ora che arrivasse la ricreazione per rifugiarsi in bagno, il solo angolo della scuola dove lei si sentiva tranquilla, perché anche solo attraversare il cortile era un incubo. “Un percorso da combattente” raccontava lei. “Schivare i colpi, i calci, gli sputi, chiudere le orecchie per non sentire gli insulti, trattenere le lacrime”. Nessun aiuto, nemmeno dai professori. I genitori, inizialmente, non si erano accorti di nulla. Lei non voleva che si preoccupassero. Poi, però, Emilie aveva tirato fuori tutto. La mamma era andata a scuola per parlarne e si era sentita rispondere che il bullismo è un fenomeno troppo complicato da affrontare. Emilie aveva cambiato istituto, ma ormai era troppo tardi. Depressa e deperita, si è uccisa. I genitori hanno denunciato la scuola per combattere l’omertà per Emilie e per chiunque sia vittima di bullismo, perché nessuno si ritrovi a vivere ogni giorno come un incubo. “Metà giornata è passata”, scriveva Emilie. “Resta l’altra metà, ma poi un pensiero rovina tutto. Domani si ricomincia”.