Migrante fermato a Napoli progettava attentato

27 apr 2018
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Non ha detto né dove né quando, in realtà ha precisato che non aveva alcuna intenzione di compiere un attentato. Alagie Touray, ventuno anni, arrivato dal Gambia e arrestato a Napoli il 20 aprile scorso, ha ammesso di avere ricevuto la richiesta di lanciarsi con un’auto sulla folla, ma nel corso degli interrogatori ha cambiato più volte versione e si è contraddetto. L’inchiesta parte da un filmato registrato con il cellulare il 10 aprile e diffuso in una chat di Telegram in cui giura fedeltà al Califfo. Dopo il fermo, all’esterno della moschea di Pozzuoli, il gambiano ha in un primo momento parlato di uno scherzo, poi ha raccontato di avere ricevuto la richiesta di compiere l’attentato in cambio di 1.500 euro e di aver acconsentito per ricevere il compenso, ma che non era intenzionato a portarlo a termine, anche perché non sa guidare e non avrebbe mai accettato di uccidere nessuno. Il 13 aprile, però, a un amico che si trova in Gambia chiede di pregare per lui, e non è escluso che possa aver avuto dei complici o, quantomeno, persone coinvolte, che potrebbero fornire nuovi dettagli. “Non è stato sventato un attentato – ha precisato il Capo della Polizia Franco Gabrielli – ma è stata un’operazione esemplare”, come ha sottolineato anche il Ministro dell’interno Marco Minniti, di grande cooperazione tra le forze di polizia, l’intelligence e la magistratura. Le indagini vanno avanti nella comunità del centro di accoglienza di Licola, sul litorale flegreo, dove Alagie viveva ormai da un anno e dove ha filmato il suo giuramento, e l’attenzione resta alta in tutta Italia. Per motivi di sicurezza dello Stato, un cittadino egiziano, residente a Milano, segnalato alla polizia già nel 2015 per i suoi contatti con un foreign fighter marocchino, ora in Siria, è stato rimpatriato con un volo diretto al Cairo. Si tratta della trentacinquesima espulsione dall’inizio dell’anno, quasi tremila negli ultimi tre anni.

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