Tutto sospeso sulla questione della definizione di Paesi Sicuri, la parola passa ora alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. A poche settimane dall'udienza pubblica in cui si era discusso anche il ricorso presentato dal Governo contro la mancata convalida da parte della sezione immigrazione del tribunale di Roma, del trattenimento in Albania di alcuni migranti, i giudici della prima sezione civile della Corte di Cassazione hanno accolto la richiesta della Procura Generale sospendendo ogni provvedimento in attesa si pronunci la Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Nelle 35 pagine di ordinanza interlocutoria i giudici supremi precisano che la Corte di Cassazione partecipa al dialogo tra giurisdizioni offrendo la propria ipotesi di lavoro senza, tuttavia, tradurla ne in decisione del ricorso, ne in principio di diritto suscettibile di orientare le future applicazioni. Come dire diamo il nostro contributo ma aspettiamo si pronuncia la giustizia europea. Sulla definizione di Paesi Sicuri gli ermellini, nell'ordinanza che comunque non mette la parola fine alla vicenda, scrivono che il dice della convalida garante nell'esame del singolo caso dell'effettività del diritto fondamentale alla libertà personale, non si sostituisce nella valutazione che spetta in generale soltanto al Ministro degli Affari Esteri e agli altri ministri che intervengono in sede di concerto. Al giudice, in sede di convalida, resta comunque il diritto di verificare se il singolo caso può costituire un'eccezione valutando la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo paese di origine come sicuro. Un punto fermo sulla questione arriverà nell'udienza del prossimo 25 febbraio, quando la Corte di Giustizia Europea si pronuncerà sui diversi ricorsi pregiudiziali presentati non solo dai giudici italiani ma anche dal tribunale amministrativo regionale di Berlino.