Il gommone era carico di bambini, 22, alcuni piccolissimi, a bordo anche sei ragazzini e 26 donne, molte sono incinte. Ancora qualche ora e sarebbe stata una strage. Quel gommone semi sgonfio e affollato ben oltre la capienza sarebbe affondato com'è accaduto martedì, quando in 40, tra donne e bambini, sono spariti tra le onde, prima dell'arrivo delle motovedette libiche che hanno riportato a terra i 60 sopravvissuti, destinati nuovamente alla prigionia. Nel Mediterraneo in cui non ci sono più missioni coordinate di soccorso, né testimoni delle stragi ormai quotidiane, con 900 morti da inizio anno, dove anche agli aerei delle associazioni umanitarie è stato vietato il sorvolo per segnalare barche in difficoltà, in soccorso di queste famiglie in fuga dalla Libia è intervenuta appena in tempo la Mare Jonio di Mediterranea. “Che fine avrebbero fatto quelle donne e quei bambini se non ci fosse stata la nave di questa ONG?” si chiede la portavoce dell'Unhcr Carlotta Sami, mentre i medici e i chirurghi che curano le ferite dei profughi avvertono “C'è una Auschwitz a 120 miglia a sud dalle coste italiane”. Abbiamo a bordo in questo momento 98 persone. Ci sono 22 bambini che hanno meno di 10 anni, alcuni sono piccolissimi e sono arrivati a bordo con il ciuccio, erano zuppi di benzina, ci hanno anche detto che sei persone sono morte durante la notte. Sono uomini che non sapevano nuotare, sono caduti in mare e purtroppo sono annegati. Ci stiamo dirigendo verso nord, sperando di avere al più presto l'indicazione di un porto sicuro. Le autorità italiane ci hanno risposto di contattare le autorità libiche, cosa che ovviamente non possiamo fare perché sarebbe illegale per noi riportare queste persone in un paese in guerra. Intanto anche Eleonore della ONG Lifeline resta in navigazione con i101 salvati in mare tra lunedì e martedì. Respinta la richiesta di sbarco in un porto italiano.