Un agguato, due vittime, due quattordicenni conosciute su Facebook. Una delle due ragazzine accetta di andare ad un appuntamento in una zona di periferia. Forse ha un piccolo presentimento o solo un po’ di adolescenziale imbarazzo. Per precauzione si porta un’amica, ma non basta. Le ragazze vengono legate con le manette e violentate più volte. Lui è un rom, nato in Italia, ma di origine bosniaca, Mario Seferovic. Il suo complice, che fa da palo e si assicura che non arrivi nessuno, è Maikon Bilomante Halilovic. È una vicenda drammatica per i fatti, per l’età delle protagoniste, ma anche per la vulnerabilità dei ragazzi di fronte a una realtà spesso più virtuale di quanto sembri, perché la rete confonde facilmente il falso con il vero. La semplicità della comunicazione, l’illusione dell’amicizia, la lontananza fisica riescono a far abbassare le difese. Una ragazza conosce un ragazzo in una chat e quello che si dicono, le foto, i nomi, le età, dove vivono e cosa fanno, tutto può essere vero o solo sembrare vero. Lui finge di essere parente dei Casamonica, di avere soldi, macchine, un’illusione di bella vita, chissà. Alessio il Sinto, questo il nickname del ragazzo, arriva a conoscere anche la madre della ragazza. A lei chiede addirittura di intercedere quando, dopo la violenza, la quattordicenne non lo vuole più vedere. Proprio parlando con la ragazza la madre scopre tutto e denuncia. I due sono stati arrestati per violenza sessuale di gruppo continuata e sequestro di persona. Un caso, ma non il solo. Sono tantissime le indagini in corso con vittime adescate sui social, vittime giovanissime e purtroppo troppo facili da adescare.