Ha gli occhi lucidi e continua a ripetere il nome del figlio. Il papà di Ramy è arrivato con tutta la famiglia molto presto all'istituto di medicina legale della clinica Mangiagalli a Milano, per il riconoscimento formale della salma e l'ultimo saluto, prima dell'autopsia sul corpo del 19enne egiziano, morto dopo uno schianto con lo scooter durante un inseguimento dei carabinieri. Chiedono solo di sapere cosa è successo quella notte e lanciano un appello per fermare il disordine e le violenze scattate nel quartiere Corvetto, dopo la notizia della morte di Ramy. "Ramy non vuole questa cosa, Ramy non vuole, per favore. Lascia stare ... lascia stare, non fare niente. Io ho fiducia nella giustizia". Anche la fidanzata Neda chiede delle risposte. "Chiediamo solo giustizia e verità. Vogliamo sapere cosa è successo al nostro Ramy. Vogliamo solo delle risposte, perché adesso abbiamo solo un grande punto di domanda. Non sappiamo niente". L'inchiesta della Procura di Milano dovrà accertare cosa è accaduto quella notte all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, un inseguimento lungo 8 km. Ramy era seduto dietro e a guidare lo scooter era un suo amico, Fares 22 anni tunisino, che ora è piantonato in ospedale in coma farmacologico. È indagato per omicidio stradale in concorso, insieme al carabiniere che era alla guida della gazzella. Le perizie dovranno anche stabilire se l'auto dei carabinieri ha urtato lo scooter o se invece il 22enne ha perso il controllo del mezzo a causa dell'elevata velocità. Per questo gli investigatori stanno visionando le telecamere puntate sul luogo dell'incidente. Da gennaio arriveranno 600 agenti delle forze dell'ordine in più, come annunciato dal Ministro dell'Interno Piantedosi, che ha presieduto il comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza in prefettura.