Possibile fosse vivo alla nascita. Questo il terribile sospetto che emerge dagli esiti dell'autopsia effettuata sul corpicino del primo figlio di Chiara Petrolini, la studentessa 21enne accusata di aver ucciso e sepolto nel giardino della villetta dove viveva a Vignale di Traversetolo, nel parmense, i suoi due piccoli appena partoriti a maggio 2023 e ad agosto 2024. Le relazioni medico-legali, depositate dai consulenti della procura e anticipate dalla Gazzetta di Parma, contrastano con quanto sostenuto dalla Petrolini negli interrogatori: "Ho provato a scuoterlo", aveva detto, "Non respirava". Dai rilievi sul corpo, che era sepolto sotto 30 centimetri di terra, non è possibile avere certezze assolute, per: "l'assenza", si legge nella relazione, "di strutture molli e tessuti cartilaginei". Tuttavia "è del tutto prospettabile che la causa del decesso non sia da ascriversi ad una Mef ante partum", la cosiddetta morte endouterina fetale. Quindi non è escluso che il bimbo fosse vivo alla nascita. La misurazione delle ossa evidenzia, per giunta, compatibilità con il momento del presunto parto. Non risolutivo, invece, l'esame delle gemme dentali. La cosiddetta stria neonatale, la linea di arresto della crescita nello smalto, che sarebbe prova di vita alla nascita, non è stata rilevata, ma se il piccolo fosse morto poco dopo il parto, potrebbe non aver avuto il tempo di formarsi. Nessun dubbio, invece, sul fatto che il secondogenito, partorito e sepolto lo scorso agosto, sia nato vivo. L'autopsia ha confermato i primi riscontri. Causa del decesso: "shock emorragico da recisione del cordone ombelicale". La madre rischia ora l'accusa di duplice omicidio.