Maggiore sicurezza, soprattutto quando cala il buio: è questa la richiesta che arriva dagli abitanti di Stadera, quartiere a sud di Milano, balzato talvolta alle cronache per risse tra extracomunitari o altri episodi di violenza. Si racconta di capannelli di persone ubriache che litigano tra loro, che si picchiano e creano diversi disagi. “Qua vengo poco e niente al pomeriggio. Senz’altro il pomeriggio non ci vengo mai”. “Perché ha paura?”. “Sì”. “Qui non è l’Italia, è il terzo mondo: Bangladesh, marocchini, egiziani, tunisini”. “Tutto il peggio del peggio. Non è solo qui, però Milano ha tanti brutti quartieri che non si sa come vivere”. Un quartiere dove sono state ristrutturate le case popolari che lo caratterizzano, abitato oggi da diverse comunità di extracomunitari, più o meno integrate, come accade anche in altri quartieri della città. E per i cittadini che vogliono migliorare il loro rione la parola d’ordine è integrazione, secondo alcuni abitanti, che hanno dato vita alla Social Street, esperimento nato a Bologna, che sta prendendo piede anche in altre realtà, un modo per scambiarsi informazioni, ma anche per rendere più sicuro il quartiere. “Pensiamo che il quartiere diventa meno difficile se i cittadini, se le persone scelgono di essere parte attiva e, quindi, creare attività che possano togliere la difficoltà. Direi il falso se dicessi che qua è un’isola felice. Si fatica a parlare con le comunità di stranieri. Però, diciamo che dei tentativi li stiamo facendo”. Per qualcuno è importante conoscere le strade del quartiere per sentirsi sicuri, per qualcun altro c’è bisogno di maggiore sicurezza. “A volte arriviamo qui all’alba e troviamo diverse macchie di sangue”, ci racconta l’edicolante, segno che qualcosa è successo durante la notte. “Non vogliamo che Stadera diventi terra di nessuno”, ripetono.