Saman consegnata dai genitori allo zio e a due cugini. È la notte tra il 30 Aprile e il primo maggio dello scorso anno. Per i cinque familiari, accusati di omicidio e soppressione di cadavere, il processo inizierà a febbraio ma altri potrebbero avere avuto un ruolo. La Procura di Reggio Emilia ha aperto sulla vicenda un secondo fascicolo, al momento senza avere iscritto nuovi nomi nel registro degli indagati. Un'ulteriore accelerazione dell'indagine dopo l'arresto del padre di Saman, in Pakistan, la scelta dello zio di collaborare. Sua l'indicazione della cascina e del punto in cui scavare, dove trovare il corpo della ragazza. Ora nuovi elementi aprono la caccia a possibili complici. Sotto la lente degli investigatori il clan degli Abbas, la sentenza di morte per ripulire l'onore della famiglia che non accettava la scelta della diciottenne di vivere libera con il ragazzo di cui si era innamorata. Una macchia insopportabile il suo rifiuto a un matrimonio combinato e la decisione di andarsene di casa. Per un anno e mezzo il suo corpo è rimasto dove l'hanno nascosto i suoi parenti, in una buca coperta con terra e detriti, a pochi passi da casa, a Novellara, dentro questo casolare diroccato. Il delicato recupero, affidato a un archeologo forense iniziato giovedì, concluderà probabilmente entro questa notte. Ma prima che Saman possa avere una degna sepoltura passeranno ancora diversi giorni. Sarà eseguita a Milano l'analisi medico legale dei resti. I risultati potrebbero rivelare come è stata uccisa.