Tutti fuori per la delicatezza delle immagini che verranno mostrate in aula. Inizia così la quinta udienza pubblica, che si svolge inizialmente a porte chiuse anche per la stampa, del processo in cui Alessandro Impagnatiello è imputato, reo confesso, dell'omicidio della compagna Giulia Tramontano, al settimo mese di gravidanza. Davanti alla Corte d'Assise, chiamati dall'accusa, i quattro medici che hanno eseguito l'autopsia sul cadavere della ventinovenne. Ed è proprio dall'analisi delle ferite inferte sul corpo della vittima, così come dagli esami tossicologici che emergono i dettagli di quanto avvenuto nella casa di Senago, quella sera del 27 maggio 2023. Giulia è stata colpita con 37 coltellate, due quelle mortali. Non si è difesa perché sulle braccia e sulle mani non sono state rilevate ferite, dunque probabilmente è stata aggredita alle spalle e colpita anche alla laringe. Forse è questo il motivo per cui non è riuscita a urlare. A provocare il decesso della donna un'emorragia che ha ucciso, dopo di lei, anche il bimbo che portava in grembo e il tossicologo poi a confermare la presenza di bromadiolone il veleno per topi nel fegato e nei capelli sia di Giulia che del feto. "Ci consente di affermare con serenità che la propinazione del veleno sia stata perdurante e sia durata a lungo. Credo che anche la crudeltà sia emersa in maniera evidente, vista la natura e il numero dei colpi." Sulla quantità di veleno per topi, emerso dall'esame tossicologico, pone l'accento la difesa di Impagnatiello che punta a far cadere l'aggravante della premeditazione. "La somministrazione è veramente irrisoria, c'è un quantitativo non in grado di provocare la morte di un individuo.".