Omicidio Verzeni, un mese dopo: un killer invisibile

28 ago 2024
Dettagli

Sembrava un caso da manuale il caso Verzeni. Filmati, potenziali testimoni, profilazione con il Dna. Le indagini perfette per un delitto imperfetto. A distanza di un mese lo scenario è cambiato: le tracce si assottigliano, giorno dopo giorno, fino a perdersi in un ginepraio di mezze frasi strappate ai familiari della povera Sharon agli amici perfino ai colleghi di lavoro. Dalle care vecchie telecamere di video sorveglianza, ben 60 quelle attorno al luogo del delitto, e dall’analisi delle celle telefoniche arrivano le uniche certezze: il percorso di Sharon, da casa lungo via Casolini fino a incrociare via Roma e poi dritto fino alla piazza del Paese, Largo VII Martiri. Da qui la giovane imbocca via Castegnate, dove incontra il suo destino. Si cercano testimoni oculari. "Chi sa parli" dicono inquirenti e familiari, perfino i compaesani, come dimostra una lettera anonima comparsa sulla scena del crimine. Tra le quaranta persone immortalate dalle telecamere pubbliche e private non si trova uno straccio di testimonianza. “Il killer invisibile”, potrebbe essere il sottotitolo del caso. Lo stesso uomo in bicicletta che si allontana dalla scena del crimine gli investigatori sono convinti non sia l’assassino. Non chi ha ucciso ma chi non può non aver visto o sentito. Le telecamere dimostrano che un settantaseienne, ora indagato per falsa testimonianza, all’ora del delitto fumava sul suo balcone a un centinaio di metri dalla scena del crimine. “Dormivo” dice prima, poi quando lo mettono con le spalle al muro mostra l’apparecchio acustico e dice di non vederci nulla di notte. Chi ha ucciso Sharon? Qual è la via di fuga dell’assassino tra le tre possibili? Finora non sono bastate le oltre cento audizioni al Comando Provinciale di Bergamo né le ore e ore di filmati, spesso inutilizzabili per il buio. E poi la pista di Scientology con i corsi a pagamento a cui, lo dicono gli accertamenti bancari, ha partecipato la vittima nelle settimane precedenti l'omicidio. Del compagno di Sharon si è detto che ha un alibi di ferro. Non è esatto, perché alibi è l’evidenza che una persona, all’ora del delitto non poteva essere sulla scena del crimine. Sergio Ruocco dormiva, nel suo letto. Lo dice lui, sembrano credergli i genitori di Sharon. Le telecamere, è vero, non lo vedono uscire di casa quella notte. Ma le telecamere inquadrano le strade, non i campi confinanti. Gli investigatori lo sanno e l’enorme numero di sopralluoghi nella villetta di via Merelli sembrano dimostrarlo. Eppure, devono fare i conti con due macigni: questo è finora un crimine senza arma del delitto né movente. E così diventa difficile incriminare qualcuno. Quello che sembrava imperfetto un mese fa, ora assomiglia sempre di più a un delitto perfetto.

Guarda Altri
Foggia, ritrovato corpo del pompiere disperso
00:00:10 min
4 video
Maltempo in Europa
I titoli di Sky Tg24 del 18 settembre, edizione delle 8
00:01:38 min
La rassegna stampa di Sky Tg24: i giornali del 18 settembre
00:17:09 min
Stellantis, Tavares: lavoriamo per sopravvivere e non finire come Volkswagen
00:01:59 min
I titoli di Sky TG24 del 17 settembre 2024 - edizione h19
00:01:38 min
Adolescenti e social, Instagram avvia una stretta sui minori
00:01:49 min