La sfida è aperta: da un lato lo Stato che in un quartiere difficile di periferia intende riaffermare la propria autorità; dall’altro chi su quel quartiere vuole, evidentemente, mantenere il controllo mafioso e ci prova con azioni eclatanti. Sono passati appena tre giorni dall’oltraggio alla memoria di Giovanni Falcone allo Zen di Palermo, dove il busto che ritrae il magistrato, piazzato davanti alla scuola a lui intitolata, è stato distrutto mozzandone il capo. Ed ecco ora in quello stesso posto un altro gesto provocatorio: un uccello con la testa tagliata fatto trovare proprio davanti all’istituto. Un chiaro messaggio intimidatorio per gli inquirenti, una sorta di risposta nel tipico linguaggio mafioso all’indignazione delle istituzioni e agli annunci di nuovi forti interventi di fronte a quanto accaduto lunedì. La preside della scuola si era detta sconfortata e addolorata ma anche determinata a non mollare, a risistemare quella statua da poco restaurata dopo che già cinque anni fa era stata scarabocchiata e danneggiata, e a continuare in quella che il Sindaco palermitano Leoluca Orlando definisce una straordinaria esperienza didattica, civile e sociale, in un’area come lo Zen ad alta densità criminale in cui, però, accanto a quelli che non si rassegnano alla legalità, vive tanta gente perbene. Il premier Gentiloni aveva parlato di una misera esibizione di vigliaccheria da parte di chi, evidentemente, anche a 25 anni dalla morte di un uomo come Falcone ne ha paura. E lo dimostra ancora anche con l’ultima intimidazione. Il Ministro all’istruzione, Valeria Fedeli, aveva già annunciato una visita all’istituto per il 19 luglio, anniversario della strage di via D’Amelio. Bisogna sostenere le scuole di frontiera, ha detto, in cui c’è un lavoro eccezionale degli insegnanti nel rapporto con i genitori.