Terrorista italiana, domani udienza convalida fermo

25 giu 2017
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Ormai andava in giro nascosta sotto un burqa nero. Di quella ragazza di ventisei anni che a Garbagna, nell’Alessandrino, erano soliti vedere fare jogging nei campi con la sorella non era rimasto più nulla. Dopo la conversione all’Islam, l’unico obiettivo di Lara Bombonati, italiana nata a Milano ma divenuta Khadija cinque anni fa, era diventato quello di morire da martire. Per questa ragione dopo la morte del primo marito, Francesco Cascio di Trapani, radicalizzato anche lui e deceduto da combattente in Siria lo scorso dicembre, Lara stava cercando di tornare nello Stato islamico. Per farlo le serviva un uomo, però, e forse l’avrebbe dovuto incontrare o addirittura sposare in Belgio, dove sarebbe dovuta andare lo scorso 23 giugno se la DIGOS delle questure di Alessandria e di Torino non l’avessero fermata con l’accusa di terrorismo internazionale. Lara Bombonati ora si trova in cella nel carcere de Le Vallette in attesa dell’udienza di convalida del fermo che avverrà nelle prossime ore. Figlia di testimoni di Geova e orfana di padre, in Siria c’era già stata con il marito Francesco Cascio, sposato in Sicilia con rito civile nel 2012. Si erano convertiti e insieme due anni dopo erano partiti per la Turchia, un viaggio che aveva preoccupato la sua famiglia portandola a presentare una denuncia di scomparsa che però in alcun modo faceva riferimento al terrorismo. Chat e collegamenti raccontavano, però, di stretti rapporti con l’Isis. Lara era diventata, secondo gli investigatori, uno degli anelli di collegamento tra le milizie e gli aspiranti jihadisti. Di più, avrebbe fatto da staffetta tra la Turchia e la Siria per conto del leader del suo gruppo islamista fino a quando, nei mesi scorsi, le autorità turche l’avevano arrestata al confine con la Siria perché in possesso di documenti falsi e l’avevano espulsa. Da allora era rientrata in Italia a Tortona dove vive la sorella, ma era sola dopo la morte in battaglia del marito Francesco che lei per prima contestava quando violava le regole per chiamare il padre impiegato in prefettura a Trapani solo per dirgli che era ancora vivo o quando esitava con le armi, lui, giovane siciliano, che di armi non ne aveva mai viste.

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