I vasi di Agrigento sono tornati a casa, anche se per un limitato periodo di tempo, anche se solo dieci esemplari su quarantasette, sono tornati a casa per la mostra che è stata ora prorogata fino al prossimo 18 ottobre al Museo Archeologico Pietro Griffo, che 200 anni fa era l'abitazione del Ciantro Panitteri, capo del coro della chiesa locale, ovvero colui che in un momento di difficoltà economiche cedette la sua collezione di meraviglie al principe Ludwig I di Baviera. Quello era il tempo del Grand tour. "Tutti pazzi per l'archeologia dopo soprattutto la riscoperta di Pompei, Ercolano, i primi scavi, dopo la spedizione di Napoleone in Egitto, con Champollion che ritorna ed è in grado di decifrare i geroglifici e tutti con una grande voglia di scoprire il passato." Il passato è quello dell'età d'oro di Akragas più di 2500 anni fa, l'epoca che vide sorgere i grandi templi dorici in cui i ricchi e ospitali akragantini si facevano mandare dalla Grecia preziosi vasi attici decorati con scene mitologiche, alcuni rarissimi, vasi utilizzati in grandi banchetti, in simposi cantati da Pindaro e narrati da Empedocle. Un paradiso perduto. "Le fonti storiche e i poeti ci parlano di un'Akragas veramente splendente. Questi vasi raccontano, raccontano di miti, raccontano di scene di vita quotidiana." Ulisse aggrappato al montone di Polifemo, Aiace che porta in spalla il corpo dell'amico Achille. E ancora il canto dei poeti Saffo ed Alceo, vasi con raffigurazioni uniche finiti in Germania nell'ottocento. Oggi una piccola parte di quei tesori, anche se per poco è tornata in Sicilia a ricordare il grande passato, l'età d'oro di Akragas. .