La strage del DC-9 Itavia, inabissatosi nel mare di Ustica il 27 giugno 1980 e costato la vita a ottantuno persone, continua a rimanere uno dei più grandi misteri d’Italia. Per anni si sono seguite diverse piste, dalla bomba a bordo all’abbattimento da parte di caccia. Mezze verità che non hanno mai consentito di fare piena luce sui fatti, con i Governi americani, francesi e italiani che si sono rimpallati responsabilità. L’aereo era partito da Bologna ed era diretto a Palermo, all’altezza dell’Isola di Ustica si persero i contatti. Il DC-9 Itavia si inabissò e nessuno rimase in vita. Dopo anni di indagini e di depistaggi, l’ipotesi più accreditata è quella di un abbattimento. Da parte di chi è ancora un mistero. Nei cieli italiani, quella sera, ci sarebbe stato, però, un combattimento tra Mig libici, che avrebbero utilizzato il DC-9 per sfuggire ai radar, e caccia americani. Ipotesi che, negli anni, sono state avallate e poi smentite. Adesso, però, arriva un nuovo elemento che può dare una spinta all’inchiesta, che la Procura di Roma continua a portare avanti. Un militare americano, che quella sera era in servizio su una nave statunitense che stazionava nel Golfo di Napoli, ha raccontato che due caccia USA erano rientrati alla base senza missili e che le armi sarebbero state utilizzate per abbattere aerei libici. Una dimostrazione di forza degli americani per intimidire Gheddafi. Il militare avrebbe raccontato che, nelle ore successive, sulla nave si sarebbe respirata un’aria strana. Nessuno parlava, come se fosse successo qualcosa di grave. Quel qualcosa di grave probabilmente era l’abbattimento del DC-9 Itavia, con ottantuno civili a bordo. Un tassello in più, forse fondamentale, per scrivere la verità dopo trentasette anni.