Virus, le difficoltà di medici e pazienti a casa

23 ott 2020
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Mentre il Governo sta ragionando ulteriori misure, tra le quali c'è anche l'atto di indirizzo per la medicina convenzionata che sarà sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni lunedì con medici e sindacati che dovrebbe prevedere, in sostanza, come i medici di base potranno effettuare i test rapidi, i cosiddetti test rapidi, nei loro studi, ma su base volontaria, ci siamo chiesti che cosa sta succedendo in queste ore, a differenza, se qualcosa è cambiato almeno rispetto a 8 mesi fa, all'interno delle case di coloro che sono risultati positivi, i cosiddetti malati con complessità medio bassa, che non richiedono un ricovero in ospedale, ma che, appunto, vengono curati a casa. Allora, partiamo dall'inizio. Se si hanno dei sintomi, si chiama il proprio medico di base e il medico prenota un tampone sul portale. Il risultato arriva via e-mail al medico che lo comunica al paziente. Se il tampone è negativo, si conclude la quarantena e si torna a una vita normale. Se il tampone è positivo, si prosegue la quarantena a partire dalla comparsa dei sintomi. Se si è positivi, però, significa che si ha bisogno di cure, si ha bisogno quantomeno di un monitoraggio, magari anche di una visita. E, allora, cosa possono fare i medici di base in questo caso? Possono visitare una persona positiva, la possono visitare a casa, ma solo su base volontaria, altrimenti si attua una sorta di monitoraggio telefonico, ma, ripetiamo, è solo su base volontaria. Dopodiché, che cosa succede? Succede che non esiste un vero e proprio protocollo farmaceutico ufficiale da applicare ai pazienti a domicilio. E vero che l'AIFA, l'Agenzia italiana per il farmaco, ha dato delle indicazioni generali, ma senza specificare i dosaggi e, quindi, di fatto, i medici stanno continuando a organizzarsi e autodefinirsi dei propri protocolli, magari attraverso le chat. Ne sono state - lo abbiamo raccontato a lungo - fatte moltissime, a cominciare dalla Lombardia, di chat di medici di base che si confrontavano su come trattare i propri pazienti e questo perché? Perché 8 mesi dopo, di fatto, non esiste ancora un protocollo farmaceutico ufficiale. Che cosa succede, però? Che i pazienti hanno bisogno di poter utilizzare dei farmaci. Allora quelli che vengono per lo più utilizzati sono il paracetamolo, l'eparina, il cortisone e l'antibiotico, ma qui si pone un'altra questione. C'è la difficoltà - e questo ci è stato raccontato da più parti - dei medici di base di poter capire quale sia l'iter a casa di questa malattia. Perché? Perché, di fatto, un paziente positivo in quarantena non può uscire di casa e, quindi, per un medico di base è difficile poter eseguire un esame del sangue o un'ecografia o una radiografia al torace. Questo significa che, in caso di peggioramento delle condizioni del malato, il ricorso, inevitabilmente, sarà quello dell'ospedale.

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