Non è un inizio di settimana come tutti gli altri per le due banche venete impegnate a uscire dalla crisi. Quella di Popolare Vicenza e Veneto Banca è un’operazione di salvataggio complessissima, più ingarbugliata ancora di quella del Montepaschi, e può avere un impatto fortissimo su tutto il sistema bancario italiano. Le due banche hanno, infatti, richiesto ufficialmente il sostegno dello Stato. Hanno inviato al Ministero del Tesoro, Banca d’Italia e BCE la richiesta di ricapitalizzazione precauzionale. Servono 5 miliardi per puntellarle entrambe, ma per accedere al fondo creato dal Governo con il decreto “Salva banche” occorre una serie complessa di passaggi. Anzitutto, un’alta adesione all’offerta fatta agli azionisti. Di che si tratta? Popolare Vicenza e Veneto Banca offrono ai loro soci, che hanno visto crollare il valore dei titoli in loro possesso, un piccolo rimborso in cambio della rinuncia a fare causa. Poca cosa, circa il 15 per cento di quanto investito, ma così le banche potranno evitare maxi accantonamenti per far fronte al diluvio di ricorsi legali che potrebbero travolgerle e mantenere, così, i livelli di capitale sopra l’asticella di sopravvivenza. Parliamo, infatti, di diversi miliardi di euro, perché gli azionisti sono davvero tanti: quasi 170.000 soci, molti dei quali piccoli risparmiatori. Sono le ore decisive. Il termine per accordarsi è fissato a mercoledì sera. Solo una volta superato questo scoglio, Ministero del Tesoro e BCE valuteranno gli ulteriori passi per evitare la procedura di bail in, che porterebbe con sé perdite ancora più rovinose per i soggetti coinvolti. Solo a quel punto si vedrà anche la scelta del Fondo Atlante, che ha già messo 3,5 miliardi nelle due banche, diventandone primo azionista al 90 per cento, e studia le prossime mosse. Un rebus intricatissimo dalla cui soluzione dipende una fetta importante di credibilità del sistema italiano, già alle prese con il difficile salvataggio di MPS.