Nell'anno della pandemia, l'Italia si scopre più povera. A certificare l'impatto delle chiusure e dei lunghi lockdown, sull'economia e sulla vita del Paese, è l'Istat, che rileva un aumento delle famiglie e delle persone in situazione di indigenza. E se migliora la povertà relativa, quella che registra un livello di spese sotto una certa soglia, particolarmente pesanti sono i numeri della povertà assoluta, che misura l'impossibilità di acquistare beni o servizi ritenuti essenziali e che non solo è in deciso aumento, ma tocca il record da quando, nel 2005, si è iniziato a misurare questo indicatore. Praticamente azzerati i miglioramenti registrati nel 2019. L'Istat però registra che, grazie agli strumenti messi in campo, dal Reddito di Emergenza a quello di Cittadinanza, alla Cassa Integrazione, è leggermente diminuita l'intensità della povertà, che registra, scrive lo stesso Istituto, quanto i poveri, sono poveri, cioè di quanto, le loro spese, sono inferiori a un determinato livello. Guardando ai dati, nel 2020 le famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta, sono oltre due milioni: pari al 7,7% del totale. In tutto si tratta di oltre 5,5 milioni di persone, il 9,4% di chi vive in Italia. In un anno, il numero di indigenti, è cresciuto di oltre un milione di unità. Il mezzogiorno è l'area del Paese con la percentuale maggiore di nuclei in difficoltà, ma il nord è quella dove l'aumento, rispetto al 2019, è più forte. La povertà riguarda soprattutto i giovani, mentre la percentuale tra gli ultra 65enni, è sotto la media nazionale. Particolarmente difficile, è la situazione per le famiglie numerose, soprattutto quelle con cinque o più componenti e quella minori. Sono 1,3 milioni, i ragazzi sotto i 18 anni, che vivono in povertà assoluta e la percentuale più alta, si registra al sud.