La buona notizia è che il PIL nel 2014 è cresciuto invece di scendere. Quella un po’ meno buona è che nel 2015 l’economia è andata peggio di quanto stimato in un primo momento. Entrambi i dati sono stati rivisti dall’Istat, ma il più clamoroso è indubbiamente quello relativo a due anni fa. Pensavamo di aver chiuso l’anno in recessione con un PIL in calo dello 0,3 per cento e invece l’economia quell’anno è cresciuta dello 0,1 per cento. Non si tratta di briciole, anzi, la differenza è notevole. Se tradotta in soldi, si avvicina a 8,5 miliardi di euro di crescita in più rispetto alle stime. Nel 2015, invece, la crescita annua si è fermata a + 0,7 per cento contro il + 0,8 della stima preliminare diffusa a marzo, diretta conseguenza della revisione al rialzo del PIL dell’anno precedente. Tutti i principali indicatori dell’andamento dell’economia del 2015, dai consumi delle famiglie, all’export, agli investimenti, risultano in crescita e quasi tutti sono andati meglio del previsto. Come si spiega una revisione così marcata? La questione è molto tecnica, ma il succo è questo. L’Istat ha rivisto i dati utilizzando un sistema molto più efficiente per vedere come vanno le imprese. Al posto delle vecchie indagini a campione, grazie alle banche dati informatiche, l’Istituto può usare dati più affidabili su tutte le aziende del Paese e questo fa cambiare il calcolo del PIL. Per entrambi gli anni è stato rivisto al ribasso il dato sul debito, mentre è rimasto invariato il rapporto deficit-PIL. Resta da capire se, come e quanto questi numeri rivisti in modo così pesante rispetto alle stime incideranno anche sul dato della crescita di quest’anno che il Governo si appresta a rivedere al ribasso e che per tutti i principali organismi nazionali e internazionali sarà inferiore all’1 per cento.