Quello del divario economico e sociale tra le varie aree del Paese è un problema è che accompagna la storia d'Italia fin dalla sua nascita, eppure anche con i grandi progressi, fatti soprattutto degli ultimi decenni, e la ripartenza dello scorso anno, la forbice di crescita tra Nord e Sud torna a riaprirsi. Secondo le stime nell'ultimo rapporto Svimez nel 2023 il Mezzogiorno rischia di finire in recessione con il PIL visto in calo al meno 0,4%. Forte la frenata anche per il Centro Nord che rimane comunque con il segno positivo a più 0,8. Se allora recessione sarà riguarderà solo le regioni del Meridione, a pesare sono caro energia e inflazione. Sul rialzo dei prezzi le differenze territoriali si fanno sentire passando dal più 8,3% del Centro Nord fino a sfiorare il più 10 del Sud. E anche gli effetti sono più pesanti per il Meridione dove sono di più le famiglie a basso reddito e con nuclei più numerosi e che dunque risentono maggiormente degli aumenti dei beni di consumo nel carrello della spesa. Rincari che potrebbero portare ad oltre 760 mila nuovi poveri di cui ben 500 mila al Sud. Disparità anche sul fronte dell'occupazione. Più precari per più tempo e con attività di bassa qualità rispetto al resto del Paese. Una condizione che nel 2021 ha riguardato quasi un lavoratore del Sud su quattro, circa 11 punti oltre la quota registrata al Nord, oltre sette quella del Centro. E se il tasso di occupazione femminile fosse stato uguale a quello del Centro Nord, le lavoratrici sarebbero aumentate di 1,6 milioni ma solo la metà delle donne potenzialmente disponibile a lavorare trova un impiego. Le misure d'emergenza durante la pandemia, dal blocco dei licenziamenti, alla cassa integrazione, al reddito di cittadinanza, ricorda lo studio Svimez, nel 2020 hanno tamponato vere emergenze sociali, circa un 1 milione di persone in meno in condizioni di povertà assoluta per due terzi al Sud, dove la riduzione arrivata a meno 750 mila. Però, chi può, dal Mezzogiorno va ancora via. In vent'anni 1,2 milioni di giovani lo hanno lasciato, 67 mila solo nel 2020 e per il 40% erano laureati. Forse il PNRR sarà davvero l'ultimo treno da non perdere per restare.