Virus, le imprese: aiuti in grave ritardo

18 giu 2020
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L'accusa mossa dalle imprese al Governo è chiara: gravi ritardi nel dare gli aiuti legati alla pandemia; ritardi che riguardano soprattutto i prestiti agevolati garantiti dallo Stato. Una misura per dare ossigeno alle aziende in difficoltà, ma che, per stessa ammissione del Governo, è partita a rilento. Secondo l'ultima indagine dei consulenti del lavoro meno della metà di piccole imprese, commercianti e artigiani che hanno chiesto un finanziamento fino a 25.000 euro hanno già preso i quattrini dalle banche; ancora più bassa la quota di coloro a cui è arrivato un prestito più alto e solo una grande società su tre ha ottenuto finora un prestito. Che la macchina si sia mossa lentamente è stato confermato anche dalla Banca d'Italia che ha rilevato come all'estero le cose siano andate meglio. Indietro rispetto a Germania, Francia e Spagna, nonostante i maggiori denari messi a disposizione dal nostro Paese, tanto che Confindustria ha sottolineato i maggiori problemi rispetto a quanto fatto nel resto d'Europa. Gli industriali chiedono anche il pagamento immediato dei 50 miliardi di arretrati che la Pubblica Amministrazione deve alle aziende, debiti da saldare e sui quali il Governo ha promesso una accelerazione. E non finisce qui perché si lamentano lentezze anche per la cassa integrazione, anticipata in vasta misura dalle aziende, sottolinea il numero uno di Confindustria Carlo Bonomi. Il meccanismo della cassa nel pieno di un'emergenza senza precedenti sembra essersi inceppato. L'INPS ci dice che sono 123.000 i lavoratori che non hanno ricevuto da febbraio a fine maggio un euro direttamente dall'Istituto. Il che esclude al conteggio coloro che sono stati pagati dalle aziende e che poi chiedono il conguaglio. Avrebbe incassato il bonifico il 96% degli aventi diritto, ai quali, però, se ne aggiungono altri 270.000 relativi alle prime due settimane di giugno. Per i Sindacati, invece, sono quasi un milione i dipendenti che aspettano l'aiuto economico, ma anche questa cifra va letta con attenzione: riguarda la cassa prenotata dalle imprese e non le domande realmente inviate all'INPS. Ma alla fine una cosa appare certa: sono ancora tanti i lavoratori senza soldi in tasca.

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