Una città importante di questo libro è Kharkiv, dove sono stato l'estate scorsa seguendo un bambino che era ospite da noi, dalla scuola Penny Wirton, dove insegniamo gratuitamente la lingua italiana agli immigrati. E' stato proprio il piccolo Andrej a portarmi idealmente a Kharkiv, oggi bombardata, oggi distrutta, è lì che ho misurato l'avvelenamento dei pozzi, delle coscienze, oltre che la distruzione dei palazzi. Però ho voluto poi chiudere il libro a Gerusalemme, perché in fondo Gerusalemme è la città che più di ogni altra rappresenta l'invenzione, il sogno e la conoscenza, le riassume tutte. Una città che ha fatto piangere Gesù e che fa piangere tutti noi oggi, e quindi lì è stato il grande groviglio irrisolto con cui chiudo il mio libro. Io spero, credo, penso, che la pace possa passare da Gerusalemme, perché in questo mio ultimo capitolo racconto proprio la storia di un'amicizia fra una famiglia palestinese e una famiglia ebrea. E' lì, vedendo questa amicizia, che ho capito che c'è la possibilità di ritrovare questo ponte in questo momento distrutto. Però lo dobbiamo volere tutti, e non è semplice, però è soltanto in questo recupero dell'umanità che puoi riuscire a trovare una soluzione al dramma israelo palestinese.