"È talmente cambiata la situazione, che non è neanche più possibile distinguere chi è stato cosiddetto collaboratore e chi no. Ormai il popolo è tutto in strada, cioè non è che ci sono i collaboratori in strada o ai gate. Ai gate c'è il popolo. C'è il popolo afghano, che come sempre è rimasto in mezzo a questi poli che si contrastano e poi improvvisamente si distaccano e rimane il vuoto". "Questo vuoto sociale e il vostro impegno che è stato importantissimo, perché comunque in pochi giorni avete evacuato migliaia di persone, che cosa vi lascia questa esperienza?". "Per me è la prima volta che vedo il dissolvimento di un Paese. Io sono stato in varie guerre civili, in varie situazioni di contrasto. Anche una guerra civile ha due poli. Qua non esiste più, cioè qui nessuno è più... cosa dice l'americano, cosa dice il talebano, non fa più la differenza. Possono anche mettersi d'accordo di costruire grattacieli da oggi al domani, il popolo non li sente più, il popolo vede noi che andiamo via e vede il vuoto che c'è intorno, quindi penso che sia una... quello che mi lascia dentro è di avere assistito per la prima volta, diciamo a un danno provocato senza neanche rendersene conto, abbiamo dato un danno al popolo afghano. Se i talebani hanno voglia di continuare a tutti i costi con la lotta armata, noi che dopo tanto tempo magari dovevamo o spiegare meglio oppure magari, non dico non lasciare perchè sarebbe stato impossibile continuare così, cioè non si può continuare 20 anni di guerra, poi anche quello non è appagante, però non è appagante per il popolo soprattutto, perché vivere in guerra non è mai.. però ecco, penso che quello che è successo, ha colto di sorpresa anche i vincitori, cioè i talebani non si aspettavano una cosa del genere. Tant'è vero che non sono a Kabul, non hanno il potere in mano e nonostante quello che dicono, sulla strada sì, ci sono ma sulla strada di Kabul c'è il popolo".