Oggi in Florida, ma domani a New York e poi a Washington e poi in Georgia. Trump in tribunale è ormai un genere letterario, ogni giorno in pretura da qui alle elezioni di novembre, avanti e indietro tra numerosi processi penali che i suoi avvocati stanno cercando il più possibile di ritardare. A carico dell'ex presidente degli Stati Uniti, ricandidatosi alla Casa Bianca, ce ne sono quattro, in altre due cause civili è stato invece già condannato a pagare oltre mezzo miliardo di dollari. L'unica certezza è che il 25 marzo a New York, comincia quello per i pagamenti in nero alla pornostar che altrimenti minacciava di raccontare la loro relazione ai tempi della prima candidatura del 2016. Quello dinanzi alla Corte Federale di Washington per la cospirazione, volta a rovesciare il risultato delle elezioni del 2020 è invece congelato, in attesa che la corte suprema decida sulla questione dell'immunità sollevato dai suoi legali. I giudici si riuniranno il 22 aprile, la sentenza non arriverà, se va bene, prima dell'estate. Per lo stesso reato ma relativo alle pressioni fatte sul segretario di Stato della Georgia, perché gli assegnasse voti inesistenti, Trump dovrebbe essere processato anche ad Atlanta, ma è tutto fermo perché la procuratrice distrettuale, cioè l'accusa, è stata denunciata a sua volta per una relazione sentimentale con un avvocato che aveva ingaggiato come consulente. Il 20 maggio doveva iniziare a Fort Pierce in Florida il procedimento sui documenti top-secret detenuti impropriamente nella villa vicino Pan Beach, anche qui i legali dell'ex presidente hanno presentato ricorso, chiedendo di spostare tutto almeno a metà agosto, per consentire all'imputato, dicono, di fare campagna elettorale, ma così non si arriverebbe a sentenza prima delle elezioni e se Trump vincesse potrebbe, con un tratto di penna, cancellarsi da solo tutti i processi. L'accusa ha quindi contro proposto inizio luglio, ma il giudice non ha ancora deciso e il gioco "prova a prendermi" continua.