America contro, 6 gennaio, cosa resta del sogno americano?

08 gen 2022
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C'era una volta l'America. L'America terra promessa per gli immigrati, l'american che liberò l'Europa dal nazifascismo, l'America della guerra fredda, del capitalismo sfrenato, delle opportunità e dei diritti. Un esperimento di convivenza tra diversi che funziona fintanto che si rispettano poche ma inderogabili regole. La principale forse è condividere il processo democratico, ad esempio accettando, qualunque esso sia, il risultato di una elezione. Lo fece, al termine di una corsa serratissima nel 2000, Al Gore che perse la Casa Bianca per poche centinaia di voti concedendo la vittoria all'avversario George W. Bush nonostante un controverso riconteggio. Gli Stati Uniti, tranne poche drammatiche occasioni, sono sempre stati "uniti" più di nome che di fatto. Eppure attorno a simboli e istituzioni hanno costruito una delle più grandi democrazie al mondo. Sotto i monumenti neoclassici di Washington l'arte del compromesso si è raffinata in nome dell'interesse comune. Gente come il recentemente scomparso Harry Reid, storico Leader Democratico del Senato al cui funerale partecipa oggi il Presidente Biden o come l'ex candidato Repubblicano alla Casa Bianca John McCain hanno sempre interpretato quello del civil servant non come un ruolo di potere per se stessi ma come strumento funzionale agli interessi del Popolo americano. Uomini di partito, certo, ma rispettati, come si dice, "da entrambi i lati del corridoio" in quanto mediatori e costruttori di ponti piuttosto che muri invalicabili. Mettere in dubbio, contro ogni evidenza, il risultato di una elezione presidenziale è stato, fino a pochi mesi fa, impensabile. Così inaccettabile che i Repubblicani vecchio stampo sopravvissuti al trumpismo si sono alzati in difesa della democrazia. L'ex candidato Mitt Romney, che sfidò Obama nel 2012, è stato uno dei pochissimi senatori del partito a votare per la messa in stato di accusa dell'allora Presidente dopo l'attacco al Congresso dello scorso anno. L'altro giorno, nella prima ricorrenza del 6 gennaio, solo un Repubblicano era presente alle commemorazioni in Campidoglio: la già scomunicata Liz Cheney insieme al padre Dick, ex vice di Bush. Ed è stato proprio l'ex Presidente Repubblicano, in occasione del ventesimo anniversario dell'11 settembre, a disconoscere in un potente discorso la deriva presa conservatori ormai ostaggio del populismo e del qualunquismo di Trump. Figure così sono però sempre meno. E con esse rischia di scomparire anche il sogno americano.

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