Altri 45 giorni di detenzione per Patrick Zaki, su cui pendono 5 capi d'imputazione. Questo il verdetto della Corte d'Assise del Cairo per lo studente ricercatore egiziano all'Università di Bologna. A darne notizia la legale Hoda Nasrallah, che segue la vicenda dell'attivista per i diritti umani, studente e cittadino onorario di Bologna, arrestato al Cairo il giorno di ritorno dall'Italia, il 7 febbraio 2020, per un mandato di cattura spiccato nel 2019, di cui non era a conoscenza. Impegnato nei temi di uguaglianza e di genere per i diritti delle donne, Lgbt e delle minoranze, Zaki collabora con la ONG egiziana, Egyptian Initiative for Personal Rights, ed è accusato di diffondere false notizie sui social media, spingere le persone a protestare contro le istituzioni, e anzi, a sollevarsi contro le istituzioni e a usare i social media in modo da danneggiare la sicurezza nazionale. Accuse di attentati alla sicurezza nazionale che potrebbero costargli l'ergastolo. Nell'ultima udienza è stata respinta anche la richiesta di sostituzione del collegio giudicante, richiesta presentata dalla difesa sulla base dei continui rinvii dell'inizio del processo. All'udienza la polizia ha impedito l'ingresso di diplomatici stranieri, tra cui anche un italiano. Le notizie sullo stato di salute di Zaki sono tutt'altro che rassicuranti. Già nelle ultime lettere trapelate dal carcere, alla fine di dicembre, lo stato di prostrazione dello studente dell'Alma Mater era più che evidente, per l'interruzione del percorso di studi e per la detenzione. Ora si teme una profonda depressione. Amnesty International Italia, per bocca del suo portavoce Riccardo Noury, chiede al Governo italiano di convocare l'ambasciatore egiziano a Roma, per esprimere tutto lo sconcerto per questo accanimento nei confronti di Patrick Zaki e chiederne il suo immediato rilascio.