Non si incontreranno, non si parleranno direttamente. I rappresentanti del Governo siriano e dell’opposizione, con l’ovvia eccezione degli jihadisti, comunicheranno attraverso i delegati russo e turco. Il primo rappresenta Damasco e il secondo l’opposizione. Con questa formula, non un inedito, ma comunque farraginosa, hanno preso il via ad Astana, capitale del Kazakistan, i negoziati per la pace in Siria. È il primo passo del nuovo asse costituito da Mosca, Ankara e Teheran. Saranno presenti i rappresentanti dell’Onu Staffan De Mistura, dell’UE Federica Mogherini e l’ambasciatore americano in Kazakistan. Ed è proprio la presenza statunitense uno dei punti più rilevanti. Se, infatti, con l’Amministrazione Obama gli USA erano stati semplicemente esclusi dai negoziati, ora, con Trump al potere, c’è stata un’inversione di rotta. Tra gli elementi positivi c’è sicuramente anche il fatto che le parti inizino un dialogo, anche se non è la prima volta, e che i promotori dell’iniziativa abbiano un peso determinante negli equilibri siriani. Da un lato, la Russia, alleata storica del regime con basi militari sul territorio; dall’altro, la Turchia, fiera oppositrice di Assad e supporter della ribellione. Non mancano, però, anche i punti negativi, a partire dal ruolo di semplice osservatore riservato al diplomatico americano, che rappresenta plasticamente il disinteresse del neopresidente americano per le vicende internazionali, al di là dei generici proclami anti-Isis. Oltre a questo, non si può trascurare che i nuovi amici, Mosca e Ankara, e il defilato Iran hanno celebrato un matrimonio di convenienza, la cui durata dipende solo dal tempo in cui emergeranno gli interessi contrastanti. Se, infatti, per Putin la permanenza di Assad al potere è decisiva, Erdogan mal digerisce questa precondizione. Se è vero che la questione curda non è rilevata nei radar della discussione, l’atteggiamento ambiguo della Turchia nella lotta all’Isis non può essere trascurato. Tutto questo, al netto del fatto che il convitato di pietra, il califfo nero Al Baghdadi, potrebbe trovare il modo di far sentire comunque la sua voce, e non sarebbe indolore.