Nonostante l’attenzione altissima, nonostante le stringenti misure di sicurezza, anche quest’anno la festività dell’Ashura porta con sé violenza. Già ieri, giorno di vigilia di quella che è la ricorrenza più importante tra i musulmani sciiti, l’attacco alla moschea di Kahte Sahki, a Kabul, ha provocato decine di morti, tra cui anche bambini, e oltre 50 feriti. Un commando armato, almeno tre persone, ha fatto irruzione nella moschea che era piena di fedeli. Al momento non ci sono rivendicazioni. I talebani afgani hanno respinto qualsiasi responsabilità e si sospetta la mano dell’Isis. Al drammatico bilancio deve aggiungersi un nuovo attacco, poco dopo la mezzanotte, a una moschea, sempre nella capitale dell’Afghanistan, che in quel momento era deserta, ed è per questo che non ci sono state vittime. L’Ashura commemora il martirio nel VII secolo dell’Imam Hussein, nipote del profeta Maometto, di tutti gli uomini della sua famiglia, tranne uno, e di 72 suoi compagni per non essersi sottomessi al dominio del Califfo Yazid. Il massacro è avvenuto a Karbala, nel sud dell’odierno Iraq, dove ancora oggi si svolge il pellegrinaggio principale. La più grande tragedia della storia dell’Islam sciita, cui si fa risalire lo scisma tra musulmani, sciiti e sunniti, prevede processioni imponenti, pellegrinaggi e coinvolge ogni anno centinaia di migliaia di fedeli in Pakistan, Afghanistan, Iran, Siria, Iraq, Libano. Proprio per evitare disordini, il dispositivo di sicurezza è stato rafforzato anche in Pakistan, mentre al Cairo, in Egitto, è stato addirittura chiuso il mausoleo di Hussein.