Non è stata un'esecuzione. L'ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Jacovacci sono stati uccisi in Congo, poco a nord di Goma nel nord Kivu, nel corso di un tentativo di sequestro, durante lo scontro a fuoco che si è scatenato dopo l'assalto al convoglio su cui viaggiavano. È quanto emerge dai primi risultati dell'autopsia disposta dalla procura di Roma. Quattro colpi che li hanno raggiunti, due ciascuno. Tra i reperti recuperati un proiettile integro di AK 47, un kalashnikov, dato questo che potrebbe aiutare a capire da chi siano stati sparati i colpi, chi imbracciava il fucile d'assalto, gli aggressori o i Rangers del Virunga, anche se in quell'area del Paese è così alta l'instabilità che potrebbe essere un'arma estremamente diffusa, ma è comunque un punto di partenza e proprio per saperne di più i magistrati hanno disposto ulteriori esami balistici. Un'inchiesta difficile, con tante domande cui dare risposte. I carabinieri del Ros che sono in Congo da ieri inviati dalla procura sentiranno appena possibile il vice direttore italiano del World food Programme, che era a bordo della seconda auto ed è rimasto illeso. Quel che è certo, al momento, è che il convoglio viaggiava senza scorta. Punto nodale questo, com'è possibile che non è stato previsto un servizio di sicurezza in un'area tanto rischiosa? A maggior ragione se a bordo c'è una personalità, la cui presenza, non è difficile immaginarlo, avrebbe potuto essere segnalata. Ed è proprio per capire le motivazioni alla base delle misure adottate e risalire alle responsabilità di queste decisioni che la Farnesina ha chiesto all'ONU e al Pam, l'apertura di un'inchiesta.