La domanda è se questo sia un episodio isolato o solo l’inizio delle peggiori tre settimane della vita politica americana. Di certo la molotov che ha incendiato, per fortuna senza fare vittime, la sede del partito repubblicano di Charlotte (North Caroline), insieme alle scritte comparse su un edificio vicino “Repubblicani nazisti andate via”, è la fotografia della tensione che si respira quando mancano ventidue giorni al voto che dovrà scegliere il successore di Barack Obama; una tensione che la reazione dei candidati fotografa perfettamente. Così, se Hillary Clinton condanna l’attentato come orribile e inaccettabile, Donald Trump punta il dito contro gli animali che rappresentano la Clinton e i democratici. “Lo hanno fatto perché stiamo vincendo” spiega. “Non dimenticheremo mai e ora dobbiamo davvero vincere”. Nessuna attesa di indagine o prove da parte sua, nessun distinguo tra terroristi e attivisti politici a fare il paio con la linea di difesa e di attacco scelta dal repubblicano, che da giorni ripete “Queste elezioni sono truccate da establishment e media. Hanno paura di noi, inventano bugie per fermarci” quando ormai sono nove le donne che lo accusano di molestie sessuali e poi con un passo in più, parlando apertamente di problemi nei seggi del voto anticipato, problemi che però nessuno conferma o denuncia; tensione che democratici e repubblicani insieme cominciano a trovare eccessiva. Il timore è che ne esca ferita la fiducia nel sistema della società a stelle e strisce e che il 9 novembre, il giorno dopo le elezioni, ci possano essere violenze o proteste, tanto che il vice di Trump, Mike Pence, deve sottolineare: “Accetteremo il risultato di questo voto perché negli Stati Uniti sia il punto in cui è necessario dirlo”.