Le banche falliscono ma niente panico. Il governo americano interviene ancora stavolta per guidare il salvataggio di First Republic, la banca dei ricchi basata a San Francisco, che aveva due terzi dei depositi non assicurati e negli ultimi tre mesi, quando erano improvvisamente crollati alcuni istituti di media grandezza, aveva visto i correntisti correre agli sportelli per ritirare 100 miliardi dai conti. Le azioni erano precipitate da $122 a $4, First Republic aveva asset per 233 miliardi di cui 170 e spiccioli in prestiti e il suo crack è per grandezza il secondo della storia, dopo quello di Washington Mutual del 2008. Il governo ne ha preso il controllo e nel giro di poche ore al prezzo di 10 miliardi e mezzo ha pilotato l'acquisizione da parte della solita JP Morgan la più importante banca degli Stati Uniti. Il suo amministratore delegato, l'ormai leggendario Jamie Dimon, unico sopravvissuto alla crisi dei mutui di 15 anni fa, ha detto che con questo salvataggio le fibrillazioni del sistema finanziario sono quasi finite e il settore appare solido. Concetto subito ribadito da Biden: "I depositanti sono protetti e i contribuenti non sborsano un centesimo" ha sottolineato il Presidente. Mentre sono gli azionisti a perdere i propri investimenti. Sentiero scivoloso per l'uomo che vuole restare alla Casa Bianca anche dopo il 2024. Da Wall Street all'inflazione persistente l'opposizione repubblicana ha gioco facile ad accusarlo del peccato più grave: non saper governare l'economia.