Com'è intervistare un terrorista mentre scappa dopo aver compiuto il più grande attentato nella storia di Francia? Qual è il tuo stato d'animo? A sei anni dagli attacchi di Parigi del novembre 2015, che hanno ucciso 130 persone, la maggior parte al teatro Bataclan, a poche ore dall'inizio del processo ai colpevoli rimasti, viene diffuso un audio della radio belga. La notte, poche ore dopo l'attentato, la giornalista Charlotte Legrand, chiude un servizio sui posti di blocco organizzati sulla strada tra Parigi e Bruxelles. Intervista gli automobilisti fermati, si avvicina all'auto di tre ragazzi dai lineamenti magrebini. Non ricordo la marca dell'auto, né il colore, racconta, c'erano tre giovani che sembravano molto stanchi, i volti stravolti, quello dietro era avvolto in una specie di piumino o di sacco a pelo. Nella macchina c'è Salah Abdeslam, l'unico sopravvissuto del commando che ha appena seminato la morte nella capitale francese e che sta scappando verso Bruxelles. Questo è l'audio del breve scambio di battute. I tre sono tesi anche perché stanno aspettando che la polizia verifichi i loro documenti prima di lasciarli andare, come succederà poco dopo. Non sono stati particolarmente comprensivi, racconta la giornalista, ma hanno risposto alle mie domande. Quando hanno avuto indietro i loro documenti hanno interrotto la conversazione e hanno tirato su il finestrino, un po' mi hanno cacciata. La radio ha ritrovato l'audio proprio in seguito alle dichiarazioni del terrorista, che ha raccontato di essere stato anche intervistato durante la sua fuga. Salah Abdeslam sarebbe rimasto nascosto per più di quattro mesi prima di essere trovato nel quartiere di Molenbeek a Bruxelles nel marzo del 2016.