“In caso di estradizione, gli agenti penitenziari italiani hanno detto che mi uccideranno”. Lo aveva già detto qualche giorno fa, e ora è tornato a lanciare pesanti accuse contro l’Italia, Cesare Battisti. L’ex terrorista ha parlato di odio alimentato in questi anni da una parte dei media e dalle forze politiche italiane, e di nuovo, ha ripetuto di avere paura della violenza fisica da parte dell’Italia: “sono capaci di tutto”, ha detto ancora. Su quali basi concrete si fondi questo timore, però, è difficile stabilirlo. Martedì, l’Alta Corte di Brasilia interverrà sul caso e potrà dare il via libera o meno alla riconsegna all’Italia dell’ex militante dei proletari armati per il comunismo. Lui attende l’udienza a casa di un amico a Cananeia, nel litorale di San Paolo, insieme alla sua famiglia. È fiducioso. Ritiene improbabile l’estradizione. Secondo la legge brasiliana la sua estradizione sarebbe impossibile, ha commentato lui, perché un decreto non può essere derogato dopo cinque anni dall’approvazione. Questione di ore, e si vedrà. Nell’udienza, la Corte suprema di Brasilia esaminerà l’habeas corpus richiesto dai legali di Battisti. Non sono ancora chiari, però, i tempi della decisione. Il dossier è complesso. Fonti locali sostengono che sarà esaminato dalla prima sala della Corte, composta da cinque giudici, che potrebbero decidere di passare la palla alla plenaria, allungando così l’iter del giudizio.