Non è solo la decisione presa da Biden a fare scalpore quanto il fatto che sia in palese contraddizione con quanto lo stesso Biden ha assicurato per mesi: "Non userò la grazia per perdonare mio figlio." Alla fine le ragioni familiari hanno avuto la meglio sulla ragion di Stato, la grazia per Hunter Biden riguarda entrambi i processi istruiti da un procuratore speciale, il primo per aver acquistato illegalmente una pistola senza dichiarare di essere dipendente dagli stupefacenti, il secondo per aver evaso quasi un milione e mezzo di dollari di tasse tra il 2016 e il 2019. Le sentenze erano previste rispettivamente il 12 dicembre in Delaware e il 16 in California. Hunter aveva ammesso la propria colpevolezza confidando in una pena ridotta. In una nota diffusa dalla Casa Bianca Biden sostiene che il figlio è stato perseguito in modo selettivo e ingiusto su pressione degli avversari politici repubblicani, avversari che speravano di colpire il presidente. Una teoria, quella della persecuzione politica, che ricorda il modo in cui Donald Trump liquida solitamente le inchieste a suo carico. Il presidente eletto coglie la palla al balzo: "Questa grazia è un abuso" scrive Trump e tira in ballo provocatoriamente i rivoltosi di Capitol Hill, che ha più volte ipotizzato di perdonare. Prima di decidere altrimenti Biden aveva negato decisamente l'intenzione di graziare il figlio, per i repubblicani è semplicemente un bugiardo. La grazia concessa sembra mettere al riparo il figlio del presidente anche da future iniziative giudiziarie più volte minacciate dai trumpiani in campagna elettorale. Hunter Biden si dice sollevato ma anche amareggiato, Biden non è il primo presidente a graziare un familiare: Bill Clinton perdonò il fratellastro Roger, Trump il consuocero Charles Kushner in entrambi i casi però le pene erano già state scontate.