Migliaia di cittadini attivisti e oppositori dell'esercito sono tornati nelle strade a manifestare nelle principali città birmane in modo pacifico. È questa la loro risposta all'azione sempre più repressiva dei militari che hanno preso il potere il primo febbraio scorso con il golpe che ha visto l'arresto della leader Aung San Suu Kyi. Venerdì scorso una studentessa di 19 anni è morta colpita alla testa da un proiettile durante una manifestazione contro la dittatura. Altri due manifestanti, tra cui un minorenne, sono deceduti colpiti da proiettili sparati dalla polizia ed i militari per disperdere la folla. "Abbiamo protestato pacificamente, ma la gente doveva morire" dice questo ragazzo, "non accetteremo l'ingiusta oppressione e continueremo a combattere" conclude. "Cammineremo verso il nostro obiettivo, la democrazia" afferma quest'altro manifestante. Intanto Facebook ha chiuso l'account gestito dall'esercito birmano. Il motivo, spiega il social, è che sono state violate le regole che vietano l'incitamento alla violenza. Negli ultimi anni FB si è impegnata con gli attivisti per i diritti civili e con i partiti politici democratici in Myanmar, opponendosi all'esercito. Le repressioni sono state condannate da Bruxelles e dal segretario generale dell'ONU, che ha definito inaccettabile quanto sta accadendo.