Su passato e presente si era espresso off the record, ma senza smentire poi l’indiscrezione, il Governatore della Banca d’Inghilterra in una cena privata a Davos: la Brexit, fino ad oggi, al Regno Unito sarebbe costata 200 milioni di sterline di mancata crescita a settimana. Sul futuro ora fa il punto un rapporto del Governo britannico, teoricamente estremamente confidenziale, poche copie cartacee, unicamente per la visione dei membri dell’Esecutivo, immediatamente lasciato filtrare a BuzzFeed News. Con qualsiasi scenario, dopo l’uscita dall’Unione europea, l’economia del Paese è destinata a soffrire. In caso di mancato accordo, la perdita sarebbe di otto punti di Pil entro quindici anni. Se si raggiungerà un’intesa di libero scambio, la perdita sarebbe di cinque punti. Con una Brexit soft, rimanendo dunque nel mercato unico e nell’unione doganale, la crescita rallenterebbe di due punti percentuali. Ad essere colpiti tutti i settori dell’economia, chimico e manifattura, automobilistico e servizi. Un rapporto che compare sulla scena mentre il dibattito non potrebbe essere più vivo tra i partiti e soprattutto all’interno del partito di governo. Ufficialmente Downing Street non ha commentato, ufficiosamente si sottolinea che il rapporto non prende in considerazione lo scenario preferito: un accordo di libero scambio che comprenda anche i servizi finanziari. L’ala dura dei Brexiter sceglie l’ironia: “Numeri sbagliati – dicono – come quelli diffusi durante la campagna referendaria”. I Remainer giudicano allarmanti le previsioni. Tutto all’interno del Partito conservatore, come detto. È lì che ancora non si è trovata la risposta firmata number ten all’unica domanda: quale tipo di relazione dovrebbe sostituire i quarantasei anni di appartenenza all’Unione europea.