Bugie e scandali, la vita spericolata di Boris Johnson

07 lug 2022
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Da sindaco di Londra a Primo Ministro della Gran Bretagna, sempre inseguito da qualche scandalo, sempre al guinzaglio di qualche scusa. Anni intensi, regolarmente sopra le righe, tra vita pubblica e privata. Nel privato ne combina più d'una. Nel 1987, dopo la laurea a Oxford, diviene praticante al Times. Dura pochissimo. Al primo articolo zeppo di imprecisioni e balle, lo mettono alla porta. Viene anche allontanato dal partito per avere mentito sulla sua relazione con la collega di Spectator, Petronella Wyatt. Lui nega tutto, compreso il fatto che la ragazza fosse stata costretta ad abortire. Viene cacciato di casa dalla moglie Marina che sospettava, a ragione, che avesse una storia con Carrie Symonds che diventerà la nuova consorte. Nonostante reiterate scivolate, Boris tira dritto, arriva a ricoprire il ruolo di ministro al Governo e poi diventare sindaco di Londra per ben due mandati consecutivi. Il 2015, ritorna in Parlamento e l'anno dopo ufficializza la sua posizione ufficiale a favore della Brexit. E sulla Brexit mette in grande imbarazzo la Regina, quando la Corte Suprema dichiara incostituzionale la decisione della Sovrana di prorogare di cinque settimane il Parlamento, su suggerimento di Boris. Lui si scusa personalmente con Elisabetta che però, si sussurra a Corte, lo fulmina sulla sedia. Nel 2018 esce dal Governo di Theresa May. Dopo le dimissioni di quest'ultima, ecco il ciuffo biondo di Boris, varcare da padrone il 10 di Downing Street. Il nuovo indirizzo però, non incide sul suo comportamento. Durante la pandemia, dopo aver chiesto al popolo di non uscire di casa, cancellando pub e ristoranti, si chiama fuori dalle restrizioni e organizza feste nelle sale e nel giardino di Downing Street. Quando la cosa viene sparata dagli affamati tabloid del Regno Unito, lui nega ancora una volta, ma viene crocifisso da foto che non lasciano dubbi e si scusa alla Camera dei Comuni il 12 gennaio. Supera l'inverno, non senza difficoltà. Cerca nuove verginità facendo la voce grossa contro Putin, con pochi effetti. Il vero nodo che sta spaccando i Tory e preoccupando il Paese sono le politiche fiscali, non la guerra. La scossa decisiva è questione di settimane. Si scopre che Johnson, quando aveva scelto Chris Pincher come vice capogruppo a Westminster, già sapeva delle voci che circolavano sulle accuse di molestie sessuali nei suoi confronti. L'ennesima bugia è una crepa nella diga di Boris, provocando una raffica di dimissioni nel Governo. È finita. È l'ora dell'addio di un uomo, che dopo aver mentito a tutti, adesso mente anche a se stesso. Pensava che la sua sarebbe stata un'amministrazione gaudente e lui un allegro Carlo II, all'opposto del triste Oliver Cromwell, rappresentato da Theresa May. Ronald Reagan diceva che le nove parole più terrificanti nella lingua inglese sono: io sono del Governo e sono qui per aiutarla. Bye bye Boris.

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