Oramai è ufficiale, per la prima volta dal 1976 l'anno del grande balzo in avanti ordinato da Mao in Cina, cala la popolazione. Un calo netto, nel 2022 del saldo demografico negativo è di 850mila persone, un trend che Pechino condivide con gli altri Paesi dell'Asia orientale, Giappone, Corea, ma che nel caso della Cina assume un particolare significato. Innanzitutto accelera, se di fatto non è già avvenuto, il sorpasso dell'India che con quasi un miliardo e mezzo di abitanti entro Novembre di quest'anno era già previsto diventasse il Paese più popolato ed in continua crescita del pianeta. Ma è soprattutto il possibile impatto con l'economia e la struttura sociale l'aspetto più importante, c'è chi ritiene che il trend possa rallentare ulteriormente la crescita che proprio oggi il Governo ha annunciato aver raggiunto il 3%, la più bassa dopo il crollo del 2020, altri che invece lo considerano un utile alleggerimento che potrebbe accelerare, addirittura, la riduzione del divario economico e sociale tutt'ora significativo e che riguarda circa la metà della popolazione. Resta il fatto che dopo aver abbandonato l'efficace, ancorché spesso crudele, politica del figlio unico, il più recente tentativo di stimolare la rinascita demografica attraverso vari incentivi e sussidi sembra sia fallito e questo non solo perché il costo di mantenimento di un figlio in Cina oggi sia tra i più alti del mondo industrializzato, si calcola che per portare un figlio fino alla maturità servono almeno 70mila euro, quasi otto volte il reddito pro capite contro il 4,11 degli Usa e il 4,23 del Giappone. Ma c'è anche l'aspetto sociale di fronte ad una società che continua a pretendere che siano le donne ad assumersi le responsabilità inerenti alla gestione dei figli, molte decidono di rifiutare questo ruolo e per evitare le pressioni che potrebbero nascere dopo il matrimonio decidono di non sposarsi.