"I 45 mila casi della Gran Bretagna sono in gran parte casi di giovani, perché in Gran Bretagna c'è un tasso di vaccinazione sotto i 40 anni piuttosto basso, molto più basso rispetto all'Italia. Sono ben protette le età più avanzate mentre sono meno protetti i giovani. Molti di questi contagi sono il risultato degli screening fatti nelle scuole. Però, diciamo, se guardiamo il dato dei ricoveri in terapia intensiva, in Gran Bretagna contano solo i ricoveri delle persone collegate al respiratore, quindi è un sottoinsieme di quelli che sono i veri ricoveri in terapia intensiva. È un dato che è due-tre volte quello italiano ma con una differenza fondamentale, che il dato inglese è stabile e oscilla ma con una lieve tendenza in questo momento ad aumentare, mentre il lato italiano sta scendendo, oltre a essere un terzo rispetto a quello inglese, sta scendendo in maniera significativa". "Tutti gli allarmisti della sanità pubblica in Gran Bretagna ormai hanno sottolineato lo straordinario fallimento di questa strategia, che appartiene ad una cultura politica e sociale. Se lei va in un qualunque teatro vittoriano di Londra, lei entrerà senza mascherina. La mascherina è un optional. Io mi reco sistematicamente in un teatro di Firenze per i concerti e noi siamo controllati all'ingresso, abbiamo la mascherina, abbiamo avuto il distanziamento dei posti, uno sì e uno. Allora, questo è uno degli elementi che proteggono, perché non è soltanto la vaccinazione che contribuisce alla riduzione della diffusione del contagio, noi continuiamo a usare intensivamente i gel, siamo stati distanziati fino a pochi giorni fa, indossiamo la mascherina al chiuso, continuiamo a indossare la mascherina nei teatri, nei cinema, questo è un elemento che sta contribuendo a fare del caso italiano, che inizialmente era molto criticato, vi ricordate a marzo del 2020, uno dei casi di maggiore successo della sanità pubblica".