Due sono le date da tenere a mente. La prima è quella che probabilmente scuote di più l’Unione europea, 23 giugno 2016, quando il 51,9 per cento dei britannici sancisce, con il referendum, la cosiddetta Brexit. La seconda, il 29 marzo 2017, data di avvio ufficiale dell’addio all’Europa, con Londra che invoca l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, quello che, appunto, permette a uno Stato membro dell’Unione di avviare le procedure per l’uscita da Bruxelles. Proprio Bruxelles aveva già da tempo fatto sapere di essere pronti a negoziati, ma i britannici hanno preso tempo, anche perché dall’inizio delle procedure decorrono i due anni destinati alle trattative per l’uscita definitiva del Regno Unito dall’Unione europea, scaduti i quali la Brexit avverrà automaticamente, anche senza accordo, a meno che il Parlamento europeo non approvi una proroga. Nove mesi sono dunque volati e il tempo comincia anche un po’ a stringere, soprattutto per Theresa May, che proprio sulla Brexit si gioca il suo già vacillante posto a Downing Street. E le tappe che hanno portato all’annuncio di oggi sono state, comunque, una corsa ad ostacoli per la Premier britannica, con la Brexit che prima l’ha portata alla guida di Paese e trattative, e poi l’ha vista in seria crisi alle elezioni dello scorso 8 giugno, con la rimonta degli anti Brexit, guidati dal laburista Jeremy Corbyn. Per la May, comunque, non è finita: davanti a sé ora ci sono i negoziati commerciali, che valgono miliardi, mentre il conto alla rovescia alla data in cui i trattati europei finiranno di essere applicati al suo regno prosegue inesorabile.