Dalla Libia al Sahel, rischio nelle ambasciate di frontiera

23 feb 2021
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Tra il 2017e il 2020 l'ambasciata italiana è stata l'unica sede diplomatico occidentale aperta a Tripoli, Libia. iIl Paese era diviso geograficamente e politicamente, attraversato da violenze e da un conflitto permanente, persino nei giorni dell'attacco del generale Khalifa Haftar contro la capitale tra aprile 2019 e 2020 lo storico edificio vicino al porto non ha chiuso. Nei mesi in cui la rivoluzione contro il colonnello Gheddafi era diventato una guerra nel 2011, a Bengasi Guido de Sanctis, console italiano, era l'unico diplomatico occidentale presente in città, nel 2013 il suo convoglio è stato obiettivo di un attacco, qui l'uomo è sopravvissuto. Non sono soltanto le drammatiche uccisioni in Congo dell'ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere della sua scorta, Vittorio Jacovacci, a raccontare come la vita dei diplomatici italiani all'estero non sia come vuole l'immaginario comune soltanto rappresentanza, cocktail party e tartine, è una carriera certo burocratica, con molte carte, spesso, però, un mestiere al fronte, non necessariamente di una guerra, l'Italia, per esempio, è sempre più presente in una regione africana di profonda instabilità, attraversata da contrabbandi, violenze e attacchi jihadisti, il Sahel. l'Italia ha aperto un'ambasciata in Niger nel 2018, nel 2019 in Burkina Faso, tra gli obiettivi quello di contrastare il traffico di esseri umani, anche attraverso l'azione della cooperazione internazionale, con progetti di assistenza, lo sviluppo delle opportunità di impiego nelle comunità locali. I diplomatici del consolato italiano a Gerusalemme non hanno mai smesso di viaggiare nella striscia di Gaza anche immediatamente dopo operazioni militari e conflitti tra i palestinesi di Hamas e Israele, in Libano ambasciate e cooperazione collaborano su un territorio difficile, dove la presenza dello Stato Centrale è debole in progetti nei campi profughi che accolgono 1,2 milioni di rifugiati siriani e se la sede diplomatica a Damasco è chiusa dal 2012, da Beirut i funzionari forniscono sostegno a progetti nel Paese martoriato da 10 anni di conflitto, una delle aree più pericolose al mondo.

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