Colpi di Kalashnikov nel cuore di Parigi. L'attentato nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, il 7 gennaio 2015, aprì una stagione dell'orrore in Francia, con gli attentati nel supermercato Kosher, al Bataclan, a Nizza, Strasburgo. Quel 7 gennaio le vittime furono dodici tra giornalisti e disegnatori. Uccisi da due terroristi che volevano punirli per aver pubblicato vignette satiriche su Maometto. Milioni di persone scesero in strada urlando lo slogan Je suis Charlie, sono Charlie. Dieci anni dopo la libertà di stampa in Francia è ancora a rischio secondo l'ex direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val, minacciata dall'indebolirsi del valore della laicità nella società. Un sondaggio diffuso dall'Istituto Jean Jaurès a marzo 2024 segnalava la disaffezione crescente delle nuove generazioni nei confronti della laicità, rispetto a quelle precedenti. Un altro studio dell'Istituto di sondaggi francese Ifop a primavera 2023 indicava un 70% della popolazione preoccupato per il futuro della laicità, vista come minacciata. Di certo, dicono anche i dati raccolti da Charlie Hebdo in occasione del numero speciale preparato per questo decimo anniversario esiste una scollatura generazionale sul concetto di laicità. I più giovani sono meno inclini a dire io sono Charlie, poiché in molti vedono la laicità e le vignette satiriche come un attacco alla libertà religiosa. E la libertà di espressione divide anche il Parlamento. A novembre scorso l'ala più radicale della sinistra, la France insoumise di Mélenchon ha depositato una proposta di legge per abolire il reato di apologia di terrorismo, visto come un ostacolo alla libertà individuale. Un'ipotesi etichettata come vergognosa e ignobile dalla maggioranza presidenziale. Mentre una parte dell'opinione pubblica teme che la libertà d'espressione venga ulteriormente limitata nel caso in cui la destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella, in testa ai sondaggi per le prossime elezioni presidenziali, dovesse arrivare all'Eliseo.