Si dice stanco di restare in silenzio, la chiama la battaglia per l’anima dell’America, e definisce questo momento storico un punto di svolta per l’intera nazione. Ad Atlanta, Georgia, culla della lotta per i diritti civili, davanti alla tomba di Martin Luther King, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden vede un bivio. Dopo la sua elezione, nel novembre del 2020, 19 Stati controllati dai Repubblicani hanno approvato dozzine di leggi locali che rendono il voto meno accessibile, loro sostengono però “più sicuro”, accogliendo l’accusa di frode avanzata senza alcuna prova dall’ex presidente Trump. Sceglieremo la democrazia al posto dell’autocrazia? Si chiede retoricamente Biden. Sceglieremo la luce sulle tenebre, la giustizia al posto dell’ingiustizia? Non si rivolge solo alle decine di milioni di statunitensi che credono al suo predecessore, ma anche e soprattutto ai Senatori dell’opposizione che stanno bloccando due leggi per garantire il diritto di voto più ampio possibile. A loro ricorda che “devono decidere da che parte della storia intendono stare”, e ricorda la tradizione bipartisan in favore delle libertà civili dei Presidenti Repubblicani: da Nixon a Ford, passando per Reagan fino ai due Bush, leader di un partito che sembra non esserci ormai più. E cita -ancora una volta- la Costituzione, che impone di difendere la democrazia “da tutti i nemici stranieri e interni”. È la formula che ogni Presidente pronuncia il giorno del giuramento. Ma anche un riferimento, neppure troppo velato, a chi vuole disconoscere i voti che non gli piacciono.