Sei mesi, almeno, tanto servirà, secondo la Casa Bianca, per capire se quello aperto con il vertice di Ginevra sarà più di un semplice spiraglio di dialogo. Solo il tempo potrà dire se alle parole seguiranno i fatti. Partiamo dalle parole allora. I toni, viste le premesse, sono stati straordinariamente concilianti. Un colpo di spugna sulle accuse, le minacce e le insinuazioni delle ultime settimane. Il Cremlino definisce l'incontro alquanto positivo e il modo in cui Putin parla di Biden è addirittura sorprendente. "É esperto" dice "ragionevole, con dei valori morali. Abbiamo trovato un linguaggio comune". Il Presidente americano riconosce che il dialogo è stato costruttivo. "Ho fatto quello per cui sono venuto" spiega "e cioè ricordare a Putin che certe azioni determinano delle conseguenze e portano all'isolamento". Una Russia respinta dall'Occidente, peraltro, potrebbe finire tra le braccia della Cina. Pessima prospettiva, soprattutto per Washington. Anche il Presidente russo ha ottenuto ciò che voleva. Il riconoscimento dell'importanza di Mosca nello scenario internazionale. Così entrambi leader tornano in patria cantando vittoria. Anche se i veri passi avanti sono circoscritti a quegli argomenti che, già alla vigilia, sembravano meno scottanti. il controllo degli armamenti nucleari, per esempio, o il ritorno degli ambasciatori nelle rispettive sedi. Sui temi più delicati la distanza è intatta. Gli attacchi informatici, i diritti umani, l'Ucraina, la Bielorussia. Cautela anche sullo scambio dei detenuti. Si dialoga dunque, ma in un clima di inevitabile incertezza. Cosa potrebbe succedere, per esempio, se le condizioni di Navalny dovessero aggravarsi? É tutto appeso a un filo. Ma è un filo che solo pochi giorni fa neppure esisteva.