Djokovic, le tappe della vicenda giudiziaria in Australia

16 gen 2022
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La querelle giudiziaria di Djokovic, diventata anche un caso diplomatico tra Serbia e Australia, inizia i primi dell'anno. Il campione no-vax non è vaccinato ma sostiene di poter essere esentato in quanto ha contratto il virus il 16 dicembre. Nel compilare la documentazione per il visto per l'Australia inoltre mente, sostenendo di non aver viaggiato nei 14 giorni precedenti il suo arrivo in Australia, ma invece era stato visto a Montecarlo, in Spagna e in Serbia. Il 4 gennaio Djokovic annuncia la sua partenza per l'Australia con un permesso di esenzione ma atterrato a Melbourne viene trattenuto, prima sull'aereo poi in una sala dello scalo. Il visto viene annullato e lui è trasferito al Park Hotel, albergo per rifugiati politici e richiedenti asilo, dove rimane per quattro notti. Per le autorità di frontiera il tennista non ha soddisfatto i requisiti di ingresso. Ma i legali del serbo presentano appello. L'11 gennaio in tribunale Djokovic presenta una dichiarazione giurata in cui afferma di non essere vaccinato. Il Giudice gli ripristina il visto, dichiarando che al giocatore non è stato concesso abbastanza tempo per parlare con i suoi avvocati. Il campione viene rilasciato, scatenando la festa dei suoi tifosi. Ore dopo Djokovic si allena al Melbourne Park. Il giorno dopo con un lungo post ammette gli errori fatti, tra cui l'intervista concessa all'Equipe, da positivo, il 18 dicembre e la compilazione sbagliata dei documenti di viaggio. Il 14 gennaio il Ministro dell'Immigrazione australiano decide un nuovo annullamento del visto sulla base dell'articolo 133c della legge sull'immigrazione che lascia ampia discrezionalità al Governo. E la sua applicazione non può essere contestata invocando le regole del diritto naturale. Tutto si basa su motivi di salute e ordine pubblico. Questa mossa riduce già di molto i margini di manovra per la difesa del tennista serbo, il cui ricorso infatti viene poi rigettato dalla Corte Federale.

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