Non sarà un esito scontato, come accaduto nel 2021, quando a stravincere le elezioni fu Ebrahim Raisi in corsa praticamente senza avversari. Il ballottaggio di venerdì, in Iran, è una partita aperta con una sfida tra l'unico candidato riformista Masoud Pezeshkian e l'ultraconservatore Saeed Jalili, che non era pronostica dagli esperti alla vigilia del primo turno, nel quale ad uscire sconfitti sono stati diversi candidati, tutti del campo conservatore. Nessuno dei due rivali in corsa al ballottaggio ha raggiunto il 50%, in una tornata elettorale resasi necessaria dopo la morte in un incidente di Raisi a maggio, che ha visto il crollo dell'affluenza al 39.9%, dato più basso mai registrato nelle elezioni presidenziali nella Repubblica islamica. Una fuga dai seggi che suona come una vittoria per le opposizioni, che da tempo invitano al boicottaggio di ogni lezione come segnalare di delegittimazione di un regime sempre più repressivo nei confronti della popolazione. Regime che considera di vitale importanza ritrovare una massiccia affluenza alle urne ed è per questo che la Guida Suprema dell'Iran, Ali khamenei, ha rinnovato il suo appello al voto. A contendersi la presidenza un debole candidato riformista, sostenitore dell'apertura verso l'Occidente, contro l'esponente del campo ultraconservatore. Medico di origine azera, Pezeshkian, parlamentare da vent'anni, si è espresso apertamente contro la mancanza di trasparenza del governo durante le proteste scattate dopo la morte di Mahsa Amini nel settembre 2022, criticando il governo per la questione velo, senza però mai chiedere l'abrogazione dell'obbligo. Ministro della Sanità con l'ex presidente riformista Mohammad Khatami, ha promesso di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti. Considerato uno dei politici più oltranzisti, Jalili, è ex segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza, soprannominato il "martire vivente" per aver perso una gamba durante la guerra Iran-Iraq, è molto vicino alla Guida Suprema Khamenei.