A sentire le dichiarazioni dei candidati hanno vinto tutti, Imran Khan appoggiato da un arcipelago di liste indipendenti perché in prigione e privo di diritti politici perché ha conquistato il maggior numero di seggi, 101, lontano dalla maggioranza che è 134 ma restando comunque il leader più amato dal Popolo dei Puri. Nawaz Sharif tornato in patria a ottobre dopo un esilio di quattro anni a Londra perché con i suoi 75 si è piazzato secondo e ha realisticamente le carte per poter diventare interlocutore principale con cui formare un Governo di coalizione. Perfino Bilawal Zardari Bhutto, rampollo della più influente famiglia politica pakistana può dirsi soddisfatto perché con i suoi 53 seggi ha tenuto, nonostante i sondaggi in picchiata nei suoi confronti. Il punto semmai è cosa succede adesso. Probabilmente Sharif e l'erede Bhutto saranno costretti a tornare insieme sono già stati alleati anche se l'ultimo Governo formato appunto dai due loro partiti ha avuto consensi bassissimi. E però l'Esercito, il vero Deep State che decide le sorti di un Paese sempre sull'orlo del caos ha fatto capire il corrotto Sharif è forse l'opzione migliore e che Khan non potrà avere peso nella scena politica. Quasi sicuramente andrà così, il Paese dei Puri è abituato ad avere Governi con scarso consenso, in definitiva anche scarso controllo, soprattutto nelle Regioni più remote, Imran Khan però forse potrebbe non essere archiviato così facilmente, prima di tutto perché ha pur sempre raccolto il maggior numero di consensi, in secondo luogo per la sua popolarità in aree come il Khyber Pakhtunkhwa, decisamente instabili. "Un Paese che vuol vivere nel progresso deve rompere con l'anarchia e la polarizzazione", ha scandito il Capo dell'esercito Syed Asim Munir, un monito o una speranza a seconda di come la si voglia vedere. La vigilia di queste consultazioni è stata però segnata da gravi violenze proprio nelle aree di confine i sostenitori di Khan hanno già denunciato i brogli non il migliore dei presupposti per evitare il caos.