Eccolo, cominciamo a prenderci confidenza, perché è probabile che tra quattro anni, allo scadere del mandato presidenziale, Ekrem Imamoglu, Sarà il candidato vincente per rimpiazzare i Recep Tayyip Erdogan. Il sultano, già stanco 10 mesi fa, quando aveva strappato l'ennesima rielezione soffrendo contro lo scialbo Kilicdaroglu, ha già fatto capire che non si presenterà alle prossime presidenziali e del resto l'onda lunga del suo consenso si sta ritirando. Non lo dimostra l'affermazione dell’opposizione a Istanbul e Ankara, sono città cosmopolite che hanno subito solo per breve tempo la fascinazione dell'Islam conservatore, interpretato da Erdogan. Colpisce semmai che alte città industriali, le province colpite dal sisma, ancora fedeli al presidente in carica, gli abbiano voltato le spalle. Forse a contribuire alla sconfitta dell’AKP ha contribuito anche una strategia politica miope che ha portato al divorzio con il partito conservatore Refah, che gli ha strappato i consensi nelle rocche forti tradizionaliste, imputandogli incoerenza sul fronte palestinese dato che Ankara è ancora in ottimi rapporti, commerciali si intende, con Israele. E però i punti su cui il sultano ha fallito sono altri, l'inflazione che galoppa, la ricostruzione post terremoto a rilento, la disoccupazione ancora alta e soprattutto i successi di Imamoglu, come sindaco di Istanbul, che cancellano ogni obiezione. Per questo, nel 28, l’AKP di Erdogan troverà a rincorrere e individuare chi potrà rimpiazzare il vecchio presidente come candidato, mentre il CHP, ha già il suo “golden boy”, progressista ma religioso, imprenditore di successo, ma attento agli ultimi. Il Kennedy turco? Difficile dirlo. quel che è certo è che il sultano ha ceduto la Sublime Porta.