Rose rosse e raccoglimento, davanti alla bara ancora aperta nella camera mortuaria della clinica in cui Mikhail Gorbaciov è morto. Un segno della croce all'ortodossa, tributo sobrio del Presidente russo Vladimir Putin all'uomo amato in occidente, discusso da taluni, odiato in patria per il caos e il dissolvimento dell'URSS, dopo la sua perestrojka. Per Gorbaciov, funerali pubblici a Mosca, nella sala delle colonne della casa dei sindacati fronte al Cremlino, ma senza il Presidente Putin in viaggio a Kaliningrad. E che per i funerali di Boris Eltsin, suo vate politico dichiarò, invece, una giornata di lutto nazionale. Esequie solenni, con la guardia militare a picchetto d'onore, ma non di stato, nel luogo che ospitò l'ultimo tributo al Lenin, Stalin e a Breznev. Purtroppo dice laconico Peskov, portavoce di Putin. Il programma di lavoro del Presidente, non gli consentirà di essere presente il 3 settembre. La decisione di Gorbaciov, di lasciare che i paesi del blocco comunista sovietico nel dopoguerra seguissero la propria strada, sino alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, fu definita da Putin nel giorno del suo insediamento, la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo. Non stupisce, dunque, la sobrietà ai limiti della freddezza, nel messaggio di cordoglio per Gorbaciov. Soprattutto quando, all'ombra dell'operazioni speciale, la guerra in Ucraina. Caposaldo della retorica per la rinascita della grande Russia. Un altro oligarca, Ravil Maganov top manager della Lukoil è morto. Caduto da una finestra dell'ospedale in cui era ricoverato. Solo l'ultima, di decine di morti misteriose tra gli uomini chiave dell'energia russa.